Navi di Ponente e di Levante, Medioevo - grandinavigatori

Vai ai contenuti

Menu principale:

Navi di Ponente e di Levante, Medioevo

Le loro imbarcazioni
Per millenni il mare fu affrontato soltanto con vele quadre; poi gli Arabi introdussero le vele "latine":
vele triangolari che consentivano di risalire il vento.

due tipi di vele
I popoli del nord Europa continuarono per molti anni a costruire navi spinte da vele quadre.
Quelli mediterranei furono invece più tempestivi nell’adottare le vele triangolari arabe.

Le navi di Ponente
I paesi del Nord Europa, lavorando sull’antico Knarr di origine vichinga, realizzarono il Cog.

Tre le innovazioni principali:
    • il ponte di coperta
    • il cassero
    • il timone

barche di ponente

Il ponte di coperta che ha lo scopo di impedire all’acqua di entrare nella barca e di proteggere le merce che vengono stivate al di sotto. L’accesso avviene attraverso uno o più boccaporti che in navigazione vengono sigillati ermeticamente.
    • non c’è luce,
    • non c’è ventilazione,
    • il caldo è soffocante,
    • il puzzo è tremendo anche perché spesso alcune derrate alimentari vanno a male.
eppure diventa la tomba in cui vengono rinchiusi gli schiavi che i portoghesi porteranno dall’Africa o gli indios che Colombo porterà dall’America.
In caso di tempesta la sorte di chi sta sotto coperta è segnata : per nessuna ragione possono essere aperti i boccaporti e se la nave affonda si porta con se tutti gli sventurati rinchiusi sotto coperta.




A prua ed a poppa compare un rialzo chiamato cassero motivato da necessità belliche.
Inizialmente erano strutture smontabili ed erano la trasposizione marina del torrione di terra.
I soldati salendo su queste sovrastrutture
    • si trovavano in situazione sopraelevata rispetto ai nemici e
    • su di essi potevano scagliare le loro frecce.
La controindicazione di queste sovrastrutture era
la scarsa stabilità a cui la barca era soggetta.
Per primo fu integrato nella costruzione della nave
il cassero di prua, poi
anche quello di poppa.
Non più solo per scopi bellici ma anche come spazio per il ricovero dei naviganti.

Ponte di coperta
ponte di coperta
Il cassero
cassero
Il timone
timone


La ruota di poppa viene sostituita
    • con un dritto di poppa (forma piatta perpendicolare all’acqua) ed
    • i remi di governo laterali sono sostituiti da un timone centrale.
La barra del timone  si inserisce in una feritoia praticata nel dritto di poppa.

Il timoniere finisce pertanto senza visibilità
sotto il cassero di poppa
governando la nave sulla base di indicazioni che gli provengono dal cassero.

Resterà sotto il cassero, senza alcuna visibilità diretta sulla rotta della nave, per 400 anni.

Navi di ponente
nave a vele quadre
Le barche di Ponente avevano grossi limiti per poter tentare lunghe traversate in Atlantico.

In particolare la scarsa conoscenza dei venti dominanti, ed i limiti impliciti nelle loro vele quadre, metteva a rischio la possibilità del ritorno.

Come era organizzato l'equipaggio di una nave di quei tempi ?
Il padrone
Non era il comandante assoluto a cui normalmente si pensa; solo in combattimento aveva l’assoluto comando della nave.
Altrimenti, pur essendo spesso un esperto navigatore,
    • doveva dipendere dal pilota per la determinazione della miglior rotta da seguire;
    • anche verso l’equipaggio doveva avere un atteggiamento partecipativo.
Questo comportamento ricorda, la comunità vichinga, il «non abbiamo capo, siamo tutti uguali» dei normanni.
Il pilota
Il pilota medioevale, e ancora nel XVII e XVIII secolo, era l'uomo che si occupava
      • della «navigazione »,
      • colui che faceva il punto,
      • calcolando la posizione, e
      • che determinava la rotta da seguire.
Salvo eccezione, egli non proveniva da una scuola conosciuta; era un pratico, formato a bordo da altri piloti.
Aveva dunque, sul piano navale, maggior potere del padrone nonostante che, la responsabilità commerciale rimanesse intera sulle spalle del padrone.
Il padrone poteva però essere anche il proprio pilota, e pensiamo che, all'inizio delle navi, ciò si verificasse molto spesso.
Il padrone
Il pilota
Il locman
Il nostromo
Il carpentiere
marinai
marinai
marinai
Marinai
Il locman
Il padrone, volendo e potendo, conduceva qualche volta con sé dei locmans, «piloti pratici» delle coste e dei porti di previsto approdo.
Ma bisognava trovarne. Di solito, venivano presi sul posto.
Quando la nave giungeva nelle vicinanze del luogo o del porto che desiderava raggiungere, c'era già il locman che stava in vedetta;
      • era l'uomo che conosceva i paraggi,
      • i pericoli locali da scapolare, e
      • i passi, per raggiungere l'ancoraggio in cui la nave si sarebbe potuta fermare.
Come oggi, egli veniva sotto bordo con una barca leggera che rimontava bene il vento :
storicamente sono sempre stati questi piccoli velieri dei locmans a promuovere i maggiori progressi nelle vele e negli scafi.
Il nostromo
Il nostromo di quelle navi era praticamente il secondo ufficiale ed era l’uomo chiave per il governo della nave. Era suo compito occuparsi :
      • del carico della nave,
      • di procurarsi i materiali di rispetto
      • del comando delle manovre per salpare e per entrare in un porto
      • della conduzione della nave in navigazione
      • del comando dell’equipaggio
      • della pulizia a bordo
I carpentieri-calafati
Erano degli specialisti imbarcati come tali, e non come marinai comuni.
Gli strumenti di lavoro erano di proprietà dei carpentieri stessi e ciò limitava la perdita e la rottura degli utensili.
In mare i carpentieri-calafati non erano impiegati alle manovre correnti; è probabile che fossero pure attrezzatori, ossia incaricati di impiombare i cavi.
In porto non partecipavano alle operazioni di carico e di scarico, avendo ancor più da fare, specialmente
per calafatare, per rendere stagni i comenti, le connessure tra le tavole del fasciame,
operazione che non compivano da soli ma che dirigevano,
riservandosi la parte più delicata, che è la chiusura con la stoppa.
Infatti, ora le navi del ponente
non erano più col fasciame sovrapposto come i drakkars,
bensi giustaposto, con le tavole l'una affrontata all'altra, come nei nostri velieri,
e calafatate con lo stesso sistema, a mezzo di fibre catramate.

I marinai
Erano gente della costa, qualche volta uomini ben noti, e allora tutto a posto, ma per la maggior parte si trattava di sconosciuti molto giovani (a 35 anni il marinaio è un «vecchio»), oppure sbucati chissà da dove perché non esisteva lo stato civile.
Se parlavano la lingua del paese, si poteva riconoscere dal loro modo di esprimersi se fossero dell'ambiente marittimo: nel caso contrario, molto frequentemente, bisognava giudicarli dall'aspetto ... che non prova nulla.
Secondo l'uso, evidentemente necessario, poiché bisognava far vivere le famiglie, il marinaio riceveva un
      • terzo della paga all'arruolamento,
      • un terzo allo sbarco del carico,
      • un terzo alla fine del contratto.
C'era perciò iun grave pericolo:
giunto al paese di destinazione e ormai pagato per due terzi, il marinaio spesso spariva, giudicando che due terzi (di un nuovo arruolamento) valessero più di uno.
Di conseguenza il padrone non avrebbe avuto più nessuno per riportare a casa il bastimento!

Furono perciò inventati altri sistemi di rimunerazione:
    • una paga a mese; che aveva però per il padrone e l'armatore il grave inconveniente che l'uomo «se ne infischiava »: non aveva fretta. Altro inconveniente grave: se il viaggio si prolungava, il marinaio aveva diritto a farsi sbarcare, esigendo integralmente la paga e lasciando il padrone in difficoltà.
    • Una paga non a tempo ma a miglio marino percorso. Era però un gran discutere su come dovessero essere calcolate queste distanze. La più corta, da porto a porto? Era il solo elemento preciso; ma svantaggioso per il marinaio.
    • Al  solcometro, ossia il giornale nautico? come faceva, il marinaio, a verificarlo? E il padrone ci rimetteva, perché, anche in questo caso, l'equipaggio non aveva più alcuna fretta e rifiutava di correre dei rischi per abbreviarle.

Le difficoltà nello stabilire regole di ingaggio eque sia per l’armatore che per il marinaio portò alla nascita di un vero corpo professionale di marinai che erano dei
« capitalisti », dei partecipanti all'impresa, allo stesso titolo dei mercanti, pagando il nolo, ossia il costo del trasporto, col loro lavoro.
Essi, quindi,
    • non erano pagati in denaro,
    • ma col diritto al trasporto delle merci di loro appartenenza, più tardi chiamate « paccottiglia », che avrebbero venduto all'arrivo, e che potevano consistere in un determinato volume del carico generale.
Il rischio, era che la merce andasse perduta, e che così avessero sprecato l'imbarco.
Erano i rischi del mestiere, compensati da enormi benefici, quando tutto andava bene.
La diserzione
La diserzione
La diserzione
La diserzione era il tallone d'Achille di ogni comandante, tanto che le leggi relative divennero sempre più dure:
    • il solo fatto di andare a terra senza autorizzazione e
    • di impadronirsi dell'imbarcazione di bordo era già considerato molto grave.
Il colpevole rischiava di essere ritenuto responsabile delle avarie intervenute in sua assenza.
La sola circostanza nella quale fosse concessa la franchigia, era quella in cui la nave era «ormeggiata » o meglio ancora "messa in secco".
Ad Amsterdam, se un marinaio fuggiva da un porto senza restituire gli anticipi ricevuti
meritava la forca, con la sola testimonianza di due marinai.
Nelle città anseatiche dell’Europa settentrionale e del Baltico, dove c'era carenza di marinai:
    • doveva restituire la paga e il tribunale lo puniva con una pena a proprio arbitrio;
    • in caso di recidiva veniva frustato pubblicamente, e
    • alla terza volta punito con la morte.
Solo alla fine del XVI secolo (1591) entrerà in vigore una misura spaventosamente efficace:
    • ogni marinaio od ufficiale che, ricevuto un terzo del suo salario, avesse disertato
    • sarebbe stato segnato con un'ancora alla guancia "per servire di esempio agli altri ".
Il colpevole avrebbe potuto tornare a imbarcarsi solamente
    • senza anticipi iniziali, e
    • « a discrezione del padrone».

gatti
I gatti ? ?
Il nostromo delle navi di quel tempo  era praticamente il secondo ufficiale a bordo; oltre ai compiti già descirtti era anche suo far si che a bordo ci fossero ………………
i gatti ! !
necessari per proteggere le provviste dall’assalto dei roditori.
In assenza di gatti a bordo i danni provocati dai topi erano a carico del nostromo.
E non era un problema semplice perché fino alla metà del XVI secolo i gatti erano rari e delicati, importati per lo più dall’Egitto.
Fu per questa ragione che in alcuni casi i nostromi imbarcarono delle donnole, animale efficace contro i topi, ma che una volta a bordo, era di fatto  impossibile rintracciare.

Le navi di Levante
Nel Mediterraneo, già da un'epoca remota le navi furono più grandi.
Il Papa non permetteva agli Ospitalieri (poi cavalieri di Malta), ai Templari ed alle Repubbliche Marinare, di destinare più di una o due unità al traffico con gli infedeli.
C'era quindi interesse a costruirle della maggior portata possibile.
Luigi  IX nel XIII secolo per la IX crociata fu il primo a commissionare a Venezia grosse navi,
dotate di
    • 2 ponti e quindi in grado trasportare almeno cento passeggeri
    • di 2 alberi solidamente fissati in scasse di legno e poggianti sul paramezzale
    • di 2 grandi vele latine inclinate verso prua.
Nel tempo la dimensione di queste navi continuò ad aumentare fino a raggiungere :
    • 35 – 40 metri di lunghezza e
    • 15-20 metri di larghezza
ed i costruttori impararono ad ottimizzare al massimo lo spazio a bordo.
barche di levante
Le repubbliche marinare
nave da trasporto
crociati
navi
pellegrini

Il trasporto dei passeggeri, dapprima semplici pellegrini e poi crociati, si rivelò subito un'impresa molto remunerativa, poi indispensabile; perciò si fu indotti a imbarcarne in numero sempre maggiore.
I pellegrini erano così ammucchiati che le autorità dovettero intervenire imponendo per ciascuno un minimo di spazio per dormire, che però resta nell'ordine della "scatola di sardine"
    • 1 metro e 82
    • per 65 centimetri!
La sede d’imbarco più economica divenne in tempi brevi Marsiglia, quella più cara, ma anche la più sicura e confortevole Venezia (per il minor numero di miglia da percorrere e per il clima temperato).
Queste navi imbarcarono un numero sempre crescente di pellegrini aumentando sempre di più la confusione che regnava a bordo di queste navi.
A bordo di una nave i passeggeri erano divisi in 4 classsi:
    • la prima, l’elite, trovava rifugio sotto il cassero di poppa; pur non disponendo di cabine individuali si trattava dello spazio più protetto dai frangenti e dalla pioggia;
    • la seconda classe trovava alloggio sotto il cassero di prua più esposto al mare e più instabile con mare agitato;
    • la terza classe era collocata nel corridoio creato tra i doppi ponti : lo spazio era angusto, mal areato, soggetto a temperature afose, il rimbombo dei marinai che sul primo ponte governavano notte e giorno la nave era assordante; tuttavia si era al riparo dal mare e dalla pioggia;
    • la quarta classe trovava ricovero nella stalla posta al di sotto del secondo ponte; ovviamente aveva condivideva il giaciglio con gli animali di cui doveva cercare di evitare gli escrementi.

Per occuparsi dei passeggeri, occorrevano
    • dei commissari,
    • dei contabili,
    • ma anche dei « prevosti » e
    • dei «consoli di mare », incaricati di mantenere l'ordine.
Occorreva, almeno al tempo delle crociate,
    • un prete,
    • dei cuochi,
    • dei famigli, senza contare i servi dei passeggeri nobili e gli stallieri.
Quando le circostanze lo esigevano, si stipavano quasi 1.500 cavalieri sulla stessa nave.
Sta il fatto, narrato dal cronista Villehardouin, che
    • 7.000 crociati fuggirono nel 1205 su
    • « cinque grandi navi di Venezia », che però non erano affatto fuor dell'ordinario.
Nel 1270, per la crociata di San Luigi, la « grande nave », la nave veneziana Rocheforte, fu adibita al trasporto normale di 2.000 pellegrini, più l'equipaggio; questa «grande nave» misurava solamente
    • m 36 di lunghezza e
    • m 13,30 di larghezza;
aveva un solo corridoio e due castelli a due piani.


La partenza dei pellegrini è commovente; viene cantato in coro, per la prima volta, l'inno speciale del pellegrinaggio:
"Navighiamo in nome del signore, per ottenere la sua grazia. che egli sia la nostra forza, e il santo sepolcro la nostra protezione. kyrie eleison".
Alcuni marinai cominciano ad alzare una parte delle vele,
altri a salpare l'ancora all'estrema prora
finché il nostromo lancia il grande comando per mettere alla vela:
“fate vela, in nome di Dio!”.
a poppa vengono spiegate le grandi bandiere rutilanti, mentre prorompe la fanfara delle trombe e la folla dalla banchina saluta festante.I marinai - ben regolate ora le vele - tolgono le orifiamme e ripiegano i bei drappi che guarnivano le battagliole. Al collasso fisico, si assomma questa impressione sgradita, che è finita la festa, che la nave ormai è solo un bastimento in alto mare.
La giornata del pellegrino
Curiosa è la modalità con cui i cavalli venivano imbarcati su queste navi; impossibile imbarcare i cavalli dall’alto attraverso argani.
La nave veniva allora fatta
    • arenare su di un bianco si sabbia ed
    • a poppa veniva aperta una porta attraverso la quale venivano fatti passare i cavalli.
Questa apertura, malgrado al termine dell’operazione, venisse richiusa con grande attenzione, rappresentava un punto in cui la nave era irrimediabilmente  indebolita. Innumerevoli le navi affondate per l’indebolimento della struttura della nave introdotta con questo sistema.
Una volta caricati i cavalli non potevano essere lasciati liberi perché si sarebbero fratturati le gambe per lo scuotimento della nave a causa delle onde; venivano allora
    • imbragati sotto la pancia e
    • sollevati in modo che gli zoccoli sfiorassero la stiva.
Molti i cavalli  terminavano storpiati la traversata perché malgrado le imbottiture inserite nel sottopancia il continuo ciondolare causava vesciche e ferite sempre più profonde; spesso le gambe che non poggiavano su un terreno stabile subivano lesioni ai tendini ed ai muscoli.
Non si sa cosa succedeva quando un cavallo moriva in navigazione.
cavalieri
Interessanti sono le regole stabilite a bordo per difendersi dai pirati:

  1. Gettate sul nemico pece, resina, zolfo avvolte in stoppe infiammate
  2. Per mezzo delle vostre spie cercate di capire come prendere alla sprovvista il vostro avversario
  3. Spingetelo in costa e tenetevi al largo
  4. Sospendete all’albero una trave da manovrare come un ariete
  5. Con dardi lunghi e possibilmente incendiati bucate le vele del nemico
  6. Tagliategli le manovre con una falce dotata di un lungo manico
  7. Se è numericamente più debole di voi, agganciatelo con dei grappini
  8. Accecatelo rompendogli in fronte vasi pieni di calce e polvere
  9. Sul suo cammino buttate vasi di sapone molle che lo faranno scivolare
  10. Mandate a mare i vostri tuffatori perché forino con delle trivelle i fianchi della nave nemica e per accelerare l’affondamento gettate grosse pietre là dove i tuffatori hanno indebolito la nave.
pirati
potete anche vedere


Il Medioevo
 
Copyright 2015. All rights reserved.
Torna ai contenuti | Torna al menu